Rigoletto
Marzo 2026 | ||||||
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Rigoletto – Giuseppe Verdi
Durata: 3 ore, comprensive di due intervalli
Lingua: Italiano
Sovratitoli: Ungherese, Inglese, Italiano
I nobili lussuriosi alla corte di Mantova devono essere intrattenuti, e un giullare deforme non risparmia a nessuno le sue derisioni per assicurarsene. Eppure prega che la pungente derisione che riversa sulle sofferenze altrui non torni a perseguitarlo. Deve solo separare il suo lavoro dalla sua vita familiare. Ma quando sua figlia, seguendo il proprio cuore, lascia la sicurezza di quelle mura, la doppia vita segreta di Rigoletto la conduce alla rovina. La popolarità dell’opera di Verdi non è un caso: con profondità shakespeariana e musica coinvolgente, rappresenta una tragedia di accettazione e Schadenfreude, amore e sacrificio di sé.
Restrizione d’età: Lo spettacolo non è raccomandato per bambini sotto i 12 anni.
Trama
La scena è ambientata a Mantova e dintorni nel XVI secolo ai tempi del ducato.
Atto I
Al Palazzo Ducale, durante una festa, il Duca, che ha l'abitudine di confondersi tra il popolo in incognito, confida al fido Borsa di voler portare a compimento la conquista di una fanciulla (Gilda) che vede sempre all'uscita della chiesa. Borsa gli fa notare le beltà delle dame presenti, e il Duca, dopo aver dichiarato il suo spirito libertino (Questa o quella per me pari sono), corteggia la Contessa di Ceprano provocando la rabbia del marito, che viene schernito dal buffone di corte Rigoletto. Intanto, in disparte, Marullo racconta agli altri cortigiani che Rigoletto, sebbene gobbo e deforme, avrebbe un'amante; la notizia è lo spunto per i cortigiani e per il conte di Ceprano per vendicarsi dell'ironia offensiva del buffone con il rapimento della donna. In realtà la giovane che Rigoletto tiene ben nascosta in casa non è altri che la figlia Gilda.
Improvvisamente irrompe il Conte di Monterone, vecchio nemico del Duca, che lo accusa pubblicamente di avergli sedotto la figlia. Rigoletto lo irride e Monterone maledice lui e il Duca, che ordina di arrestarlo, mentre Rigoletto, spaventato dalle sue parole, fugge. Profondamente turbato dalla maledizione di Monterone (Quel vecchio maledivami), mentre è sulla strada di casa il buffone viene avvicinato da Sparafucile, un sicario prezzolato che gli offre i suoi servigi. Rigoletto lo allontana, paragonandosi poi in qualche modo a lui (Pari siamo), meditando sulla sua vita infelice e cercando di distogliere la mente dal pensiero ricorrente della maledizione.
Giunto a casa, riabbraccia Gilda, all'oscuro del lavoro di buffone di corte del padre, e raccomanda alla domestica Giovanna di vegliare su di lei, ossessionato dalla paura che la fanciulla possa essere insidiata (Veglia, o donna, questo fiore). Il Duca si è però già introdotto nella casa e osserva di nascosto la scena. Andatosene Rigoletto, egli avvicina la giovane e si dichiara innamorato (È il sol dell'anima) spacciandosi per uno studente povero, Gualtier Maldé, ma è costretto a desistere dalla sua opera di seduzione data la presenza di qualcuno nei pressi della casa. Gilda, rimasta sola, esprime il suo amore per il giovane (Gualtier Maldé... Caro nome...).
Nei dintorni si aggirano in effetti i cortigiani, con l'intenzione di attuare il rapimento di quella che è creduta l'amante del buffone. Essi coinvolgono lo stesso Rigoletto, che, colto da un presentimento, è tornato sui suoi passi e al quale fanno credere con un inganno di voler rapire la contessa di Ceprano. Sollevato dai propri timori, Rigoletto accetta di unirsi all'impresa. Con la scusa di fargli indossare come tutti una maschera, la vista, già scarsa per il buio notturno, e l'udito gli vengono impediti con una benda, mentre i cortigiani rapiscono Gilda (Zitti zitti, moviamo a vendetta). Solo quando tutti sono partiti, egli capisce la verità e ripensa alla maledizione ricevuta (Ah, la maledizione).
Atto II
Rientrato a palazzo, il Duca, che era tornato a cercare Gilda poco dopo il loro incontro, si dispera per il rapimento della giovane, avvenuto nel breve tempo della sua assenza (Ella mi fu rapita). Quando però i cortigiani lo informano di aver rapito l'amante di Rigoletto, e che questa si trova nel Palazzo, realizza che la sorte lo ha in realtà favorito e si affretta a raggiungere l'amata (Possente amor mi chiama). Entra Rigoletto che, fingendo indifferenza, cerca la figlia, deriso dal crocchio di cortigiani; quando capisce che Gilda si trova nella camera del Duca, sfoga la sua ira imprecando contro i nobili, che apprendono con sorpresa che la giovane rapita è sua figlia, ma gli impediscono di raggiungerla (Cortigiani, vil razza dannata).
Esce Gilda, che rivela al padre di essere stata disonorata e, dopo che sono rimasti soli, gli racconta come ha conosciuto il giovane di cui ignorava la vera identità (Tutte le feste al tempio), mentre Rigoletto cerca di consolarla (Piangi, fanciulla). Passa frattanto Monterone, che sta per essere condotto in carcere. Il vecchio nobile si ferma e osserva il Duca ritratto in un quadro, constatando amaramente che la sua maledizione è stata vana. Udite le sue parole, Rigoletto replica che la vendetta arriverà invece per opera sua (No vecchio t'inganni...sì, vendetta): egli ha già deciso di rivolgersi al sicario Sparafucile per chiedergli di uccidere il Duca.
Atto III
Rigoletto ha deciso di far toccare con mano alla figlia chi sia veramente l'uomo che ella, dopo un mese trascorso, continua ad amare. La conduce perciò alla locanda di Sparafucile sulle rive del fiume Mincio, dove si trova il Duca in incognito. Gilda ha così modo di vedere di nascosto l'amato dichiarare la propria irrisione verso le donne e gli uomini che se ne innamorano (La donna è mobile) e poi corteggiare Maddalena, sorella del sicario, come già aveva fatto con lei (Bella figlia dell'amore).
Rigoletto dà ordine alla figlia di tornare a casa e partire immediatamente alla volta di Verona, travestita da uomo per la sua incolumità; dopo aver preso accordi con Sparafucile, si allontana anch'egli dalla locanda. Mentre si avvicina un temporale, Gilda, già in abiti maschili, in preda ancora a un'attrazione irrefrenabile, torna presso la locanda e ascolta il drammatico dialogo che vi si svolge: Maddalena, invaghitasi anch'essa del Duca, supplica il fratello affinché lo risparmi e uccida al suo posto Rigoletto non appena giungerà con il denaro. Sparafucile, vantando una sorta di "rigore professionale", non ne vuole sapere, ma alla fine accetta un compromesso: aspetterà fino a mezzanotte e, se arriverà, ucciderà il primo uomo che entrerà nell'osteria (Se pria che abbia il mezzo la notte toccato). Gilda decide immediatamente di sacrificarsi per il Duca: fingendosi un mendicante, bussa alla porta della locanda e viene pugnalata a sangue freddo dal sicario.
A mezzanotte, come convenuto, Rigoletto ritorna alla locanda e Sparafucile gli consegna il corpo in un sacco. Il buffone, illudendosi con grande soddisfazione di aver compiuto la sua vendetta, si appresta a gettarlo nel fiume quando, in lontananza, ode la voce del Duca (ripresa de La donna è mobile). Raggelato, si chiede di chi sia allora il corpo nel sacco, e quando lo apre scopre con orrore Gilda in fin di vita, che in un ultimo anelito gli chiede perdono e muore tra le sue braccia (V'ho ingannato....Lassù in cielo). Rigoletto, disperato, si rende conto che la maledizione di Monterone si è avverata (Ah, la maledizione!).
Programma e cast
Direttore d’orchestra – Péter Halász
Duca di Mantova – Andrei Danilov, Gergely Boncsér
Rigoletto – Michele Kalmandy, Alexandru Agache
Gilda – Zita Szemere, Laura Topolánszky
Sparafucile – István Rácz
Maddalena – Viktória Mester
Conte Monterone – László Szvétek
Marullo – N. N.
Borsa – Attila Erdős
Conte Ceprano – Dávid Dani
Contessa Ceprano – Anija Lombard (studio d’opera)
Giovanna – Lusine Sahakyan
Paggetto – N. N.
Ufficiale di corte – Zoltán Bátki Fazekas
Con l’Orchestra e il Coro del Teatro Nazionale Ungherese, oltre agli studenti dell’Università di Danza Ungherese e dell’Istituto Nazionale di Balletto Ungherese
Regia: Mária Harangi
Regia: Miklós Szinetár
Scenografia: Attila Csikós
Costumi: Rita Velich
Coreografia: Jenő Lőcsei
Traduzione approssimativa di Anna Varsányi rivista per i sottotitoli da Eszter Orbán
Traduzione inglese di Arthur Roger Crane
Direttore del coro: Gábor Csiki
Teatro dell'Opera di Budapest
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Il Teatro dell'Opera di Budapest (Magyar Állami Operaház in ungherese) è uno dei maggiori esempi di architettura neorinascimentale. Si trova a Pest in Andrássy út 20.
Costruito da Miklós Ybl tra il 1875 e il 1884, è un edificio riccamente decorato, ed è considerato uno dei suoi capolavori. In stile neorinascimentale con elementi barocchi, è arricchito con affreschi e sculture di Bertalan Székely,Mór Than e Károly Lotz.
Di fronte alla facciata vi sono le statue di Ferenc Erkel, compositore dell'inno nazionale, e del compositore classicoFranz Liszt, entrambe di Alajos Stróbl.
Gustav Mahler ne fu direttore dal 1888 al 1891.